VISITARE I CARCERATI

Le parole di Gesù presentano il carcerato come persona bisognosa di cura e di relazione. Il Gesù che si è fatto compagno di peccatori e persone disoneste, annunciando a tutti la comunione con Dio e la possibilità della conversione, non esita a identificarsi con chi è privato della libertà.

Sì, in carcere si può finire per i motivi più diversi, ma spesso il carcerato rientra tra le persone non amabili, anzi detestabili, perché viene riflesso sulla sua persona il disgusto e la ripugnanza per ciò che ha commesso. Per visitare i carcerati occorre pertanto fare un lavoro su di sa che comporta il discernimento della nostra sete di libertà e del nostro desiderio di riscatto dalle schiavitù interiori e dagli idoli, il discernimento della nostra debolezza che ci porta a essere “omicidi, ladri, malvagi, calunniatori, violenti” (Mt 7,21.23) nel nostro cuore, anche se non arriviamo a esternare in atti gli impulsi interiori, e infine la capacità  di compassione per la nostra fragilità, che è anche la via d’accesso per entrare in contatto profondo con chi è in carcere e soffre per il rimorso o nell’indurimento del cuore o perché preda della ribellione o per l’assenza di un futuro.

E’ un lavoro su se stessi che tende a dilatare gli spazi della carità del cuore per non giudicare mai il peccatore e, anzi, riconoscere in lui un fratello con cui essere solidali.